Rientrare a Roma in una sera di giugno, una serata estiva, con quella pioggia breve di goccioloni che profumano anche l’asfalto di erba. Ad un incrocio c’è una signora bionda con una lunga coda un po’ arruffata, dei pantaloni larghi e un cardigan, tutta vestita di nero, che si è portata una sedia di plastica verde scuro, di quelle che ci sono ai tavolini dei bar all’aperto, e sta di fronte a una colonnina della Telecom trasformata nella sua lapide cittadina. Ai suoi piedi traffica con diversi mazzi di fiori, e lucida con uno straccio le foto di un ragazzo appiccicate con lo scotch. E non puoi non pensare al suo dolore grande, che forse bisognerebbe andare lì per dirle ‘signora che cosa è successo?’ Ha l’aria così indaffarata, così fissa su quella colonnina di plastica che sembra proprio una lapide e io penso che nemmeno se ne accorge forse che adesso piove per un po’, che è una serata calda di giugno. Che la terra gira. E’ uno di quei lutti di città che hanno un privatissimo spazio di cordoglio.